Gli studenti e tutto il mondo della scuola attendono di conoscere il proprio futuro. Tante le domande. Ci si interroga per capire come in questo anno la scuola sia stata  trasformata. Le manifestazioni in piazza, da nord a sud, hanno avuto come unico slogan: “basta, vogliamo entrare”. «Siamo scesi in piazza perché  il 25 gennaio si sono concluse le iscrizioni per il nuovo anno scolastico – ha  dichiarato Nino De Cristofaro , componente esecutivo nazionale Cobas scuola, all’interno della rassegna stampa su Radio Fantastica – sulla base di queste iscrizioni si formeranno le classi e gli organici per i docenti e il personale ATA. Noi vogliamo che il Governo cominci a dare dei forti segnali e per l’anno prossimo cambiare i criteri di formazione delle classi: 20 alunni per classe o 15 dove ci sono ragazzi/e diversamente abili. Occorre del nuovo personale ma soprattutto ristrutturare i locali che non vanno bene. Questi sono stati i motivi. Ma non solo. In tutta Italia siamo stati davanti agli uffici regionali e provinciali per ribadire le richieste. E’ da marzo che ci facciamo sentire ». La scuola necessita di grandi finanziamenti, per migliorare i servizi e garantire migliori opportunità di formazione, sicurezza, professionalità e crescita.  « Forse con il primo lockdown per il ministro Azzolina non è cambiato nulla – conclude – si continua a parlare dei banchi a rotelle ma non è l’unico problema. Il ministro dovrebbe invece dare risposte a tanti argomenti, come ad esempio quello di non aver saputo affrontare la seconda fase della pandemia. Forse per lei è stata una fortuna che ancora oggi si parli dei banchi a rotelle». Intanto sullo sfondo restano irrisolti tutti gli altri nodi dal precariato per il personale docente, ai vuoti in organico ma soprattutto alle classi pollaio. Insomma, a settembre 2021 sarà sempre la stessa storia?

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