La Guardia di Finanza di Palermo ha arrestato gli ex proprietari della squadra di calcio rosanero, Salvatore e Walter Tuttolomondo. La vicenda ci porta indietro nel tempo. Subito dopo la cessione da parte dell’ex patron Maurizio Zamparini e un breve passaggio londinese, gli imprenditori Tuttolomondo avevano rappresentato una possibile risalita per evitare l’esclusione dai campionati professionistici. La squadra non riuscì però a togliersi dalle sabbie mobili e dunque, dopo il fallimento, la ripartenza dal campionato di serie D. Oggi un’altra storia: sono scattate le manette. Provvedimenti anche per tre collaboratori; Roberto Bergamo, Tiziano Gabriele e Antonio Atria. «L’indagine ha fatto riscontrare gravi indizi di reato nella fase di acquisizione e della gestione della vecchia società calcistica US Città di Palermo – ha dichiarato il col. Gianluca Angelini, comandante del nucleo economico-finanziario della Guardia di Finanza, all’interno della rassegna stampa su Radio Fantastica – gli indagati hanno effettuato un vero e proprio colpo di mercato acquistando la società per soli 10 euro. Società in grave difficoltà economica. Ma il loro obiettivo era quello di entrare in possesso di un tesoretto che si sarebbe materializzato in caso di promozione in serie A, tra diritti televisivi e sponsorizzazioni. Una volta tramontata questa possibilità, gli indagati si sono trovati nella mani una società fortemente indebitata e senza liquidità». Durante l’operazione le fiamme gialle hanno sequestrato somme di denaro pari a 1 milione e trecentomila euro. Agli indagati sono stati contestati, a vario titolo, i reati di bancarotta fraudolenta, indebita compensazione di imposte con crediti inesistenti, autoriciclaggio e falso ostacolo alla vigilanza della commissione COVISOC. Nella vicenda sono coinvolti «anche dei professionisti oltre i fratelli Tuttolomondo – conclude – sono state rilevate falsificazione contabili molto gravi. Poco prima che la società venisse dichiarata fallita dal Tribunale di Palermo, prima fu depredata dell’ultima liquidità che era rimasta. Sono stati fatti uscire ben 350 mila euro attraverso fittizie consulenze pagati ad una società riconducibile agli indagati e poi utilizzate a beneficio di altre società per il gruppo o per carattere personale».

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