Quasi duemila imprese in Italia, più di 40mila persone occupate e un fatturato annuo di oltre 4 miliardi di euro e 500 milioni di contribuzione. Sono i numeri di un comparto dimenticato dagli aiuti pubblici fin dal primo lockdown dovuto all’emergenza Covid-19 e ancora oggi. Eppure, di certo, non sono invisibili. Anzi, i cartelli pubblicitari sono ogni giorno per strada, sui mezzi pubblici, nelle stazioni e nei centri di aggregazione. E se il 2020 si sta chiudendo così, a preoccupare ancora di più gli addetti ai lavori è la riforma della fiscalità locale prevista per l’anno prossimo con l’introduzione di una patrimoniale. A fare sentire la voce di questa realtà è l’avvocatessa Angela Pirrone direttrice generale di Aicap, associazione aziende italiane cartelli e arredi pubblicitari.

«Ci hanno lasciati da soli, a vedercela con le disdette dei contratti e l’azzeramento degli incassi», mette in chiaro Pirrone. È in questo senso che, da marzo, il settore ha provato ad avanzare delle proposte: da una parte, l’inserimento della categoria nel bonus Pubblicità – ormai sfumato perché scaduto a settembre – e, dall’altra, una rimodulazione dei due oneri dovuti ai Comuni da pagare anticipatamente a inizio anno: cioè l’imposta sulla pubblicità – costituita da una base statale più una percentuale decisa dai Comuni fino a un rincaro massimo del 50% – e il canone di occupazione del suolo pubblico per i cartelli. La richiesta caduta nel vuoto era eliminare la percentuale aggiunta dagli enti. «La maggior parte dei Comuni – spiega Pirrone – ha proposto solo uno slittamento delle scadenze. Con la conseguenza di trovarsi ingolfati di pagamenti alla fine del 2020».

Per gennaio, intanto, è atteso il colpo di grazia della riforma fiscale che ricomprende tutte le spettanze in un canone unico che accorpa imposta sulla pubblicità e occupazione di suolo pubblico. «Sulla carta, la riforma vuole semplificare – spiega la direttrice di Aicap – ma, in pratica, si trasforma un tributo in un prelievo patrimoniale». E c’è di più: saranno i Comuni a potere scegliere la tariffa a proprio piacimento, senza che sia previsto nemmeno un tetto massimo. A conti fatti si tratterà di circa ottomila Comuni con ottomila tariffe diverse e altrettanti tempi e modi di pagamento. «Un far west annunciato, che porterà solo caos e frammentazione», commenta Pirrone.

E, con sé, l’impossibilità di programmare le proprie spese e il proprio lavoro. Con il rischio concreto di rimetterci. «Davvero questo governo è intenzionato a inserire una patrimoniale? Non sarebbe più responsabile rimandare la riforma al 2022 e confrontarsi con la categoria, considerata l’emergenza in corso e l’assenza di aiuti a un settore che pure lo Stato utilizza puntualmente per campagne ed elezioni politiche?», è la definitiva richiesta di Aicap.